Il Dpcm del 9 Marzo attiva lo stato di quarantena per arginare i contagi da Covid-19.
Sono passati sette giorni, ma ne son bastati due, per far sì che si accendesse in tutti noi il bisogno dell’altro. E’ emerso per molti il desiderio di contatto fisico, l’immediato sentimento di mancanza per le persone a cui teniamo. Questo momento difficile, nuovo per molti, da una parte sembra aver fermato le nostre vite, dall’altra ha invece attivato il lato più umano e fragile. Ci stiamo riscoprendo, nella semplicità dell’essere umani, senza sovrastrutture.
Ci siamo gradualmente disabituati a nutrirci di relazioni umane, di emozioni. Ci sono tante cose che spero impareremo durante questi giorni di restrizioni e stravolgimento delle nostre abitudini. Una delle quali, la preziosità delle relazioni umane. Non la distratta pacca sulla spalla o un’impersonale stretta di mano, ma la presenza dell’altro nella nostra vita. Parlo della possibilità di sentire il calore dell’altro, una carezza, un abbraccio ma più semplicemente, sentirne la connessione. In psicologia si chiama costanza dell’oggetto, un’abilità cognitiva che acquisiamo intorno ai tre anni, ovvero la capacità di mantenere un legame emotivo con l’altro anche quando non è presente, distante o vi è un conflitto.
L’altro può esistere dentro di noi, se ne portiamo dentro il valore emotivo.
In un’epoca in cui ci lasciamo illudere dalla tecnologia, di essere connessi e vicini, ovunque e da dovunque, ci troviamo davanti ad un limite. Io e te a un metro di distanza.
Siamo stati addestrati a vivere freneticamente, stare nel fare e non nel sentire. Nel momento in cui ci hanno chiesto di stare a casa, di fermarci e di rallentare per poco meno di un mese, abbiamo sentito la paura. Paura data dal senso di vuoto profondo, che chiamiamo più facilmente panico.
Ma la paura, non va scacciata come un satanasso. Avere paura è umano, è sano, la paura protegge. E’ un segnale del corpo che ci implora cura e attenzione. È un’emozione che chiede di fermarci e respirare, giusto il tempo di sentire che è una sensazione temporanea e che passerà.
Questo momento storico, porta in tutti noi una velata tristezza, ma ci regala l’occasione di stare nel sentire, nell’essere. Stare in ascolto è un gesto che richiede la nostra attenzione emotiva, attenzione al proprio corpo, al proprio respiro. Vi suggerisco un piccolo esercizio da utilizzare in qualunque momento di sconforto e solitudine:
Ferma i rumori, la TV, la radio e concediti di stare con te. Mettiti comodo, in piedi o sdraiato, i piedi ben in appoggio. Respira profondamente con una mano sul petto ed una sulla pancia, i centri delle emozioni. Chiudi gli occhi e presta attenzione a te stesso, guardati dentro. Respira e ascolta cosa senti emotivamente, cosa senti nel corpo, ascolta il suono del tuo respiro e sentine il fluire. Focalizzati sulle parti più contratte del tuo corpo, respiraci sopra.
Permetti all’emozione più pura, di emergere e farti compagnia. Qualunque emozione sia e senza giudicarti. Permettiti di stare in contatto con te stesso, lascia emergere le tue emozioni e lascia che ti facciano compagnia.
In questo momento delicato, dove molti si sentono spaesati e impauriti, ricordiamoci che nessuno è mai davvero solo. Concediamoci di sentire dentro di noi la bellezza dei legami intimi, seppur talvolta lontani, ma che ci danno il senso di chi siamo. Cito una frase di una canzone che ho molto a cuore “…a me va bene anche distanti, tanto ti porto con me…”.