Una delle mie canzoni preferite di Brunori Sas, recita “canzoni che parlano d’amore, perché alla fine dai, di che altro vuoi parlare?”.
Ho chiesto a un po’ di amici, di farmi sentire qualche canzone che rappresentasse per loro l’amore, perché per scrivere d’amore, servono storie d’amore. Ecco alcuni brani, che stanno facendo da sottofondo a questa riflessione: Just the way you are – Billy Joel. L’amore semplice e puro. Un amore che con estrema dolcezza t’ama come sei. Mi ricorda l’amore dei nostri genitori, l’amore di una polaroid scattata in un pomeriggio d’estate.
Parquet – Coez. “Tu che stai bene da sola, io che non cerco nessuno per me, quando ti vedo andare via è un deja-vù”. Vattene, non te ne andare. L’amore confusivo e confuso. Un amore passionale, che si consuma su un pavimento. Un amore che desidera, ma poi chissà perché, sceglie di stare solo.
Se stasera sono qui – Luigi Tenco. 1967, il romantico per eccellenza. L’amore fatto di occhi che si guardano eleganti. Un amore che si annusa, da lontano. Un amore che sa cogliere sottili sfumature dell’altro. E’ una morbida e profumata carezza della sera.
La descrizione di un attimo – Tiromancino. “E poi cos’è successo? Aspettami, oppure dimenticami. Ci rivediamo adesso, dopo quasi cinque anni.” Un amore perso e ritrovato, ancora perso e ancora ritrovato. Un amore che ora dice no, ma lascia la porta socchiusa.
Dentro la tasca di un qualunque mattino – Gianmaria Testa. Una canzone che non conoscevo. L’amore che con voce cullante, si è saputo fare da parte. Un amore, che timido e un po’ cupo, ammette quanto pesa il vuoto che è rimasto. “Ti porto ancora, se ancora mi vuoi”.
I don’t wanna miss a thing – Aereosmith. Tutto lo struggimento amoroso anni ’90. Chi non l’ha mai cantata usando il bagnoschiuma come microfono, oppure ondeggiando in un abbraccio con gli amici ad un karaoke?
Paradossale per una generazione come la mia, ascoltare così tanto sull’amore e scegliere invece, di starne fuori. Nel frattempo, canticchio un sofferto “sai, ci son rimasto male, sei su un’astronave a un milione di anni luce da me” di Coez e Gianna Nannini.
Mi piace ironizzare, pensando che nel Nesquik, che le mamme ci mettevano nel latte, ci deve essere stato qualcosa che ci ha segnati. Qualcosa che ci ha reso totalmente analfabeti a livello relazionale ed emotivo. Perché non è possibile, sentire, ascoltare così tanto d’amore, riconoscerlo e sempre scappare.
Scappare e scegliere la mediocrità delle relazioni part time, mordi e fuggi, di una notte o forse tre. Appagare i nostri bisogni narcisistici, con tanti e scadenti rapporti superficiali. Insolito, trovare l’amore a lunga conservazione, perché sarebbe un compromesso che pochi sono pronti ad affrontare.
È proprio un impegno amare, è vero. Ma d’altronde lo è anche assumersi la responsabilità di ciò che si prova. Eppure, tutte le canzoni che mi stanno facendo compagnia, mentre mi immergo nelle storie dei miei amici, ma anche un po’ mie, parlano di amori bellissimi.
L’ interrogativo più comune è, perché non ha funzionato? Non aspettatevi una risposta, perché come voi, non ce l’ho. Non credo neanche possa esistere, una sola risposta, nella complessità delle dinamiche amorose. Troppe variabili, troppi non detti, ogni storia è a sé.
Quello che sappiamo, è che i nati negli anni ’90, stanno seguendo la scia del rapporto part time. Rapporti che vadano preferibilmente dal venerdì alla domenica, magari con la ragazza/ragazzo conosciuto/a ad una serata di salsa.
È comodo certo, un rapporto che non intacchi la profondità delle difese che abbiamo eretto e a cui siamo fedeli. La fusione con l’altro, la scelta, non ci permetterebbe di dare “mozzichi” a tutti i biscotti che ci piacciono. In effetti, se puoi assaggiarli tutti perché sceglierne uno solo. Senza parafrasare troppo, è più facile cambiare repentinamente l’oggetto del desiderio, che sperimentarsi nella difficilissima arte, dello scoprirsi sempre nuovi, rimanendo una coppia fissa.
Io preferisco l’onestà struggente di Luigi Tenco, che ammette, “mi sono innamorato di te, perché non avevo niente da fare”. Chissà cosa penserebbe lui, degli amori che durano il tempo di un Tik Tok o delle ragazze cantate da Elettra Lamborghini, ‘innamorate di un altro cabron’.
Una frivola risata e la pseudo passione che si consuma in un paio di incontri in notturna, è la leggerezza che molti trentenni scelgono, per non stare. Con stare, intendo comunicare, con quella parte di noi più vicina al cuore, che teme di essere scoperta nella propria fragilità e dipendenza. Quella parte che in qualche momento della nostra vita, ha fatto esperienza di rifiuto e giudizio. Una relazione superficiale, non ha il tempo e lo spazio per arrivare lì, dove macera quella ferita.
È auto conservativo, capisco. Ma perché scegliere di vedere l’amore nell’accezione peggiore? Non facciamo altro che coltivare la comoda convinzione di essere al sicuro, corazzati, intoccabili. E certo, se non corriamo il rischio di amare, non rischiamo di sentire dolore. Ma rimarremo intrappolati nelle nostre rigidità e nelle nostre difese.
Scegliere un rapporto easy come easy go, senza coinvolgimento reale, facilita il mantenimento del confine. Io qua, tu là. La smodata ricerca, di un sempre diverso oggetto del desiderio, è solo l’illusione che nel partner occasionale, si possa trovare la reale soddisfazione.
Troppe volte ho sentito definire una relazione come un obbligo o un fardello da portarsi dietro. È vero, la vita di coppia è più faticosa, crea più turbolenze di una vita in cui dar conto solo a sé stessi. È normale e lo capisco, che quando si mette piede nel cerchio della relazione, nasca la paura che l’altro possa tarparci le ali o fermare il nostro vento. Ma seriamente, perché mai dovrebbe?
Credo ciecamente nell’amore e profondamente nel nonostante tutto. Credo nell’amore che accetta le deficienze dell’altro, nell’amore che nutre e soprattutto che gratifica. Ho spesso sentito crescere la mia creatività e la mia voglia di esistere, quando ho sentito un grande sentimento. Perché l’amore è energia vitale, è occhi brillanti, è un troppo sottovalutato respiro sereno.
Credo all’amore fedele, lontano da rassegnazioni o rinunce, perché nello scegliere l’Altro, non stiamo rinunciando a nulla, stiamo incontrando la forza misteriosa di un amore che dura. Lo psicoanalista Massimo Recalcati, ci ricorda che per Lacan, Ancora, è la parola fondamentale dell’amore.
Forse siamo solo impauriti, ma sentiamo ancora e amiamo ancora.
La musica che scegliamo di ascoltare, ci parla e parla di noi, più di quanto non siamo disposti a credere.
Forse, non ha tutti i torti la leggerezza di Elettra Lamborghini, “…tanto qui resta la musica e il resto scompare”.